Fremont
Fremont non solo è un delicato film sull’immigrazione, ma anche una descrizione cinematografica di un profondo percorso trasformativo attraverso competenze di coaching avanzate.
C’è una teoria di Carl Gustav Jung, che ho impiegato anni a comprendere ed accettare, condizionato com’ero dal pensiero logico-matematico, deterministico e meccanicistico; mi sto riferendo alla sincronicità.
Iniziamo a dire che Jung sottolineava l’enorme differenza tra i concetti di “sincronismo” e “sincronicità“: il primo riguarda eventi che accadono nello stesso momento, ma senza alcuna connessione di significato e relazione, se non quella temporale. La sincronicità, invece, si riferisce all’idea che eventi esterni e pensieri profondi possano manifestarsi simultaneamente in modi significativi e solo apparentemente casuali: in altre parole, due eventi possono avvenire contemporaneamente perché connessi non secondo un principio di causalità, ma di “acausalità”, perché entrambi facenti parte dello stesso contesto e/o significato.
Questo concetto ci introduce dritto nella profondità delle relazioni tra mente e mondo esterno, splendidamente descritte da Marie-Louise Von Franz, allieva di Jung, che affermò: “Everything divided and different belongs to one and the same world”.
Jung si spingeva ancora oltre, affermando che l’Universo cerca di comunicare proprio attraverso gli episodi di sincronicità; le coincidenze, quindi, cessano di essere delle ricorrenze statistiche, ma assumono significati profondi, universali, archetipici. Ne consegue che i fenomeni sincronici si manifestano – ovvero, cambiando visuale, noi siamo particolarmente pronti a percepirli – soprattutto nei casi di grandi sollecitazioni emotive e affettive, come nei momenti di grande dolore (ad esempio in occasione di un lutto) o di grande piacere (come, per esempio, durante un grande amore o una grande passione).
OK, abbiamo capito perché Jung è citato nel titolo, ma Zuckerberg cosa c’entra?
Ho l’impressione che la sincronicità trovi nuove manifestazioni nel mondo digitale, proprio attraverso i social media come Facebook e Instagram e il cluster rappresentato da Google e YouTube. Non mi sto riferendo alla comparsa “automatica” su YouTube proprio di quel video di cui solo un attimo prima si stava leggendo qualcosa su Google, né a quella funzione di Facebook, che ripropone post pubblicati lo stesso giorno di qualche anno prima. Questi non rappresentano esempi di sincronismo o sincronicità, ma sono il mero effetto di funzionamento di un algoritmo, di un database.
No, penso ad altro: i social media, oltre che essere archivi statici, sono ormai anche curatori di contenuti dinamici e lo saranno sempre di più con la permeante diffusione – dichiarata o meno – dell’Intelligenza Artificiale. Ciò crea, e creerà sempre di più una sorta di effetto di “sincronicità digitale”, presentandoci contenuti che sembrano “magicamente” correlati ai pensieri e alle emozioni provati in quel determinato istante. È come se il concetto junghiano stesso di “coincidenze significative” si stesse ampliando, estendendosi nel digitale, unendo il mondo interiore e quello esterno, attraverso proprio i social media.
L’effetto? Un’atmosfera carica di significato, benché razionalmente sappiamo bene che dietro c’è la tecnica, c’è l’informatica. Ma la tecnica e l’informatica non fanno parte ormai e non sono prodotte proprio da quell’Universo a cui si riferiva Jung? Sì, ma non basta: il punto – qui determinante, chiave – è che non viene rispettato l’assunto della acausalità!
Nonostante ciò, data la nostra esposizione e la frequenza della nostra fruizione, i social media riescono a essere sintonizzati – seppure artificiosamente – col nostro sentire, trasmettendoci un senso accresciuto di “mistero” nella vita, dando sollievo, amplificando sentimenti come la nostalgia, il piacere o accrescendo il dolore.
Ora arriviamo all’ultimo elemento del titolo, ovvero all’“E io”.
Cosa mi ha condotto a queste riflessioni? Un mix molto intimo e profondo di ricordi, sensazioni, sincronicità, che sto provando da circa tre settimane. Il tutto relativo all’anniversario di uno di quegli incontri, la cui potenza detta un “prima” e un “dopo” nella nostra lifeline. E in questo tourbillon c’è piacere, bellezza, nostalgia, dolore, ricordi, una mostra d’arte contemporanea presso il Chiostro del Bramante… E poi Facebook che mi propone con disinvoltura un post di una stimata collega (Nicoletta Romanazzi, che NON seguivo su Facebook), che annuncia di aver partecipato all’équipe di una nuova esposizione proprio in quella sede, unendo il coaching alle emozioni e fornendo ai visitatori occasioni di sviluppo personale.
Detto così si capisce poco e sembra di poco conto, ma è tutto enormemente significativo e vivo per me…
P.S.: Ringrazio Serenella (Serenella Panaro, PCC) per avermi invitato a scrivere questo articolo e avermene suggerito il titolo, che, inizialmente, era molto più mistico…
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Executive & Transition Coach
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