E pensare che ciò che abbiamo vissuto sia stato, invece, un acceleratore di sviluppo?
E pensare che lo shock del Covid abbia spinto una fascia di persone particolarmente pronte e mature a riflessioni profonde sul senso ultimo del loro lavoro e del loro impatto?
Sui valori?
Sugli scopi ultimi?
Pensare a milioni di persone ora rese più mature e consapevoli?
E quindi più esigenti, meno adattabili.
Che vogliono scegliere, vogliono sentirsi e mettersi al centro.
Uno scalino in su della scala di Maslow collettiva per un folto gruppo di esseri umani, tutti nello stesso momento.
Io sento e penso che stiamo parlando proprio di questo.
Certo, il tutto rappresenta una grande sfida, che necessita un cambiamento di paradigma rispetto al modo di intendere e far vivere l’azienda.
Di gestire processi, progetti e soprattutto persone.
Di essere manager.
Di trattare e ascoltare i dipendenti.
Capisco che è più facile chiudere gli occhi e sperare che tutto passerà, ma chiudere gli occhi non è funzionale, né utile.
Non è né funzionale né utile a cercare il senso positivo delle crisi.
Qual è la tua esperienza rispetto a questi temi?
Com’è cambiato il tuo approccio al lavoro, in questi ultimi tre anni?
Il sistema in cui sei operi come si sta ponendo?
P.S.: “Come mothers and fathers throughout the land and don’t criticize what you can’t understand. Your sons and your daughters are beyond your command, your old road is rapidly aging: please, get out of the new one if you can’t lend your hand, for the times they are a-changing.” Mammamia…