Una cosa era Canova, che si narra avesse un repertorio di bozzetti di arti e parti del corpo da lui reputate perfette, che poteva poi assemblare e riprodurre con calma nel marmo, componendo figure di grande armonia. Figure perfette, ma morte. Altra cosa è osservarsi (ottimo!) e, ad ogni piè sospinto, domandarsi se X avrebbe risposto in quel modo, se poi Y avrebbe alzato la voce o sarebbe arrossito, se Z avrebbe avanzato delle ipotesi, con quali parole K sarebbe stato convincente. Diventa dispersivo: toglie il focus da ciò che veramente conta, ovvero il proprio processo di sviluppo e il rispetto della propria unica e irripetibile identità.
Avere numerosi modelli mette in secondo piano se stessi, non contribuendo ad alimentare quel senso di autostima e autoefficacia, curiosità e coraggio, analisi e sintesi che sono alla base dell’edificazione e dell’affermazione del proprio modo – certamente perfettibile, come tutto, d’altronde – di comunicare, incarnare un ruolo, comportarsi ed essere.
Non siamo dei puzzle. E soprattutto non possiamo essere puzzle composti da tessere di puzzle altrui.
Se penso a me, più passa il tempo e meno ricorro a modelli.
Nella sfera non professionale, di riferimenti ne ho: quando penso al ruolo dell’imprenditore, per esempio, ho un’idea chiara, reale, che mi piace molto di imprenditore etico, coraggioso, visionario, “umano”. Se penso a una sublime capacità artistica, penso a un mix tra Sorrentino, von Trier e Lobo Antunes (e un altro paio, che cito e ti nomino spesso). Se penso all’impegno civile e politico, penso sempre e soltanto, nell’ordine, a Massimo Bordin e Marco Pannella (quanto mi mancano!).
Ma se penso all’esercizio della mia professione di executive coach e di manager, nonostante accolga sempre con estremo piacere feedback e tracce di miglioramento, oggi non ho modelli né riferimenti specifici e precisi. Lì, seguo ininterrottamente un percorso personale, aggiungo ogni giorno perle alla mia collana, il cui filo è il senso di miglioramento ed efficacia, che nasce dalla mia auto-osservazione e dalla direzione che mi sono dato e che comunque assoggetto a verifiche. Certo: delle figure che stimo ci sono, provo piacere e nutrimento da un confronto con loro, ma non sono “modelli”.
Non do lezioni, non do consigli e non voglio parlarti della mia storia personale come di un esempio virtuoso a cui ispirarti, ma posso affermare che questo equilibrio non mi fa distrarre, mi fa restare concentrato sulle cose importanti e mi fa onorare me stesso.
Quali sono le tue considerazioni a riguardo?
Quali sono i tuoi modelli attuali?
In quali situazioni ti aiutano?
E in quali ti limitano?